mercoledì 16 settembre 2015

Torna il 26 settembre Oscenità del Mare - Canto Teatrale per il Mediterraneo di Itaca Min Fars Hus

Ritorna sabato 26 settembre a Martano (Lecce) presso la sala di Piazza Caduti alle 19.30 uno spettacolo cult di Itaca Min Fars Hus Gruppo Teatrale di Sperimentazione, Oscenità del Mare - Canto Teatrale per il Mediterraneo.

Andato in scena per la prima volta nel 2012, lo spettacolo, che ora rivive in una nuova veste, è dedicato al Mediterraneo e a tutti coloro che lo hanno attraversato con fiducia e speranza e ne sono stati traditi: uomini e donne fuggiti dalla povertà e dalla guerra, scomparsi e mai più cercati, ingoiati da un mare ostile che inganna di false speranze.

Gli attori di Itaca Min Fars Hus hanno provato a ripensare nel proprio corpovoce la loro tragedia, immergendosi idealmente in questo “sepolcro liquido”, in questo mare Mediterraneo tradizionalmente accogliente, diventato, oggi, osceno non solo per i corpi e le speranze negate che nasconde, ma anche perché, sempre più spesso, sembra voler rinunciare all’accoglienza. 

Il teatro di Itaca Min Fars Hus è un teatro al limite, affidato unicamente al corpo e alla voce degli attori, un teatro che nasce sempre da uno sguardo di complicità e d’intesa con lo spettatore e che con lo spettatore intende condividere emozioni e riflessioni spesso scomode e dolorose. 

In Oscenità del Mare gli attori celebrano con gli spettatori un rito collettivo di dialogo con il mare. E il mare diventa il pretesto per una riflessione sul rapporto ancestrale dell’uomo con la natura e con la morte, dietro il quale si cela il rapporto dell’uomo con gli altri uomini e il tema della solidarietà e dell’accoglienza. 

Determinante per la prima scrittura dello spettacolo, nel maggio 2012, fu lo sgomento suscitato sia dalla lettura del blog Fortress Europe di Gabriele Del Grande, dedicato agli (allora!) oltre 18.000 morti che il Mediterraneo continuava a nascondere da circa un ventennio, sia dalle inchieste del 2001 di Giovanni Maria Bellu su Il Manifesto, relative al naufragio di 283 persone a Portopalo nel 1996. 

Infine il libro-dossier di Alessandro Leogrande Il Naufragio sull’affondamento della nave albanese Kater I Rades, con 81 persone a bordo, di cui 31 bambini, nel canale d’Otranto il 28 marzo 1997. 

Oggi, a tre anni di distanza dalla nascita dello spettacolo, la tragedia del Mediterraneo si è ingigantita in modo mostruoso. I morti in mare continuano a moltiplicarsi giorno dopo giorno, nel paradosso di una sostanziale indifferenza individuale e politica, cui fa da controcanto una abnorme e inquietante quanto cinica esposizione mediatica delle disperate sofferenze di migliaia di esseri umani.

Attraverso un profondo e sofferto lavoro di training psicofisico gli attori hanno costruito partiture sceniche intense e autentiche alle quali il testo ha dato senso e contorni definiti, trasformandosi inevitabilmente in sonorità pura, in lamento, in canto. 

Il canto è sembrato in definitiva l’unica risposta possibile all’intensità delle emozioni e delle storie che le avevano suscitate: un canto di amore e di morte, di sgomento e di angoscia, di indignazione e di rabbia. Un canto che evoca arcaiche sonorità mediterranee, grike e salentine, secondo un percorso di ricerca tra mito e contemporaneità che Itaca Min Fars Hus persegue da alcuni anni. 

Un canto che si fa drammaturgia e azione e, perciò, CANTO TEATRALE e che risveglia le voci antiche e nuove che, da Coleridge a Conrad, hanno esaltato la potenza del mare, chiamandole a testimoniare un presente carico di passato. 

Così, in un contesto estremo e inaudito, si incontrano tre personaggi: uno Sciamano ‘senza luogo e senza tempo’ che evoca i morti del mare, Antigone, richiamata direttamente dalla tragedia greca a ribadire il diritto dei morti alla sepoltura e una Madre Albanese annegata nel canale d’Otranto dopo essere riuscita a salvare l’adorato figlio diciottenne, pieno di vita, di sogni e di progetti, incitandolo a salire sulla prua della nave che affondava.

Tuttavia né la magia oscura dello Sciamano, né la ragione etica di Antigone, né l’istinto passionale della Madre potranno coprire pudicamente le oscenità del mare che emergono in tutta la loro assurda indecenza, fatta di rifiuti e di violenza. Violenza delle onde che si confonde con la violenza degli uomini e con la loro indifferenza. 

Ed è contro l’indifferenza che Antigone, giunta da un passato remoto a ribadire l’attualità dei valori più autentici e ancestrali del Mediterraneo, compirà il suo rito di purificazione e di riscatto, richiamando, nei versi dell’Élevation di Baudelaire, quello spirito libero che si alza oltre il mare. 

Anna Stomeo

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